Il caso.
Padre e figlio sono soci nella medesima società di persone , proprietaria di un immobile che viene adibito dal figlio ad abitazione principale con la famiglia. Il figlio divorzia e la casa è assegnata alla ex-moglie. La società dopo oltre 10 anni chiede il pagamento dei canoni.
Dopo due gradi di giudizio la Cassazione conferma la sentenza di appello e afferma il seguente principio :
“Con riguardo alla fattispecie in esame deve, pertanto, affermarsi il
seguente principio di diritto: «il principio di buona fede nell’esecuzione del
contratto di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. legittima in punto di diritto
l’insorgenza in ciascuna parte dell’affidamento che, anche nell’esecuzione di
un contratto a prestazioni corrispettive ed esecuzione continuata, ciascuna
parte si comporti nella esecuzione in buona fede, e dunque rispettando il
correlato generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di
agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, anche a prescindere tanto
da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere generale del “neminen
laedere“; ne consegue che in un contratto di locazione di immobile ad uso
abitativo l’assoluta inerzia del locatore nell’escutere il conduttore per
ottenerne il pagamento del corrispettivo sino ad allora maturato, protrattasi
per un periodo di tempo assai considerevole in rapporto alla durata del
contratto, e suffragata da elementi circostanziali oggettivamente idonei a
ingenerare nel conduttore un affidamento nella remissione del diritto di
credito da parte del locatore per facta concludentia, la improvvisa richiesta di
integrale pagamento costituisce esercizio abusivo del diritto”.
Tale principio di diritto è stato in effetti rispettato dalla Corte d’appello di Milano “
Cassazione n.16743 del 14.06.2021
